Corso Vigevano, la capitale dei giocattoli
di Maurizio Ternavasio
La storia della più antica azienda italiana di giochi – fondata più o meno negli stessi anni della danese Lego - è entusiasmante e torinese. La si deve al genio creativo di Alessandro Quercetti, nato a Recanati nel 1920, ma trasferito nel capoluogo piemontese fin dalla tenera età. A 14 anni viene assunto come operaio alla Westinghouse, dove lavora sino a prima della guerra. La passione per il volo e per gli aeromodelli lo coglie da ragazzino, tanto da vincere diversi concorsi a livello nazionale per modelli volanti a massa elastica. Nel 1937 consegue il brevetto per il volo a vela, poi parte per le armi come pilota sottufficiale di aerei da caccia e bombardieri.
Al termine della guerra, come tanti Alessandro studia il proprio futuro, meglio ancora se legato alla sua passione. E così, dopo brevi periodi prima in una segheria di Mezzenile, poi come venditore di legnami e macchine utensili, nel 1947 viene assunto dall’azienda di giocattoli Inco Giochi di via Pietro Giuria, quartiere San Salvario, che produce la rana meccanica e il cavallo indiano, ma anche trattori, trenini, barche e tram in lamierino piegato oppure in una lega di zinco.
Il primo giocattolo. Nella fabbrica di San Salvario, Quercetti ha la possibilità di dimostrare innate doti da disegnatore, progettista e costruttore (naturalmente a mano, dopo aver realizzato gli stampi) di tutti gli articoli che arricchiscono il catalogo dell’azienda.
Nel 1949 la Inco entra in crisi, Alessandro si licenzia perché non riceve più lo stipendio, ma ottiene la possibilità di utilizzare alcuni dei macchinari che aveva contribuito a creare: così costruisce il suo primo giocattolo in proprio, il Cavallo Galoppa, che disarciona il cowboy che gli sta in sella grazie ai movimenti di tutte e quattro le zampe. Il gioco vedrà la luce per il Natale del 1950: pochi pezzi in scatole di cartone di un bel rosso scuro con il marchio Hopla in evidenza e senza alcuna illustrazione. È Quercetti stesso ad occuparsi delle vendite, girando per i vari negozi di Torino.
Con i primi proventi, Alessandro Quercetti rileva la Inco Giochi che intanto è fallita, e la trasferisce nei nuovi locali di corso Casale 49, dove inizia la produzione di giocattoli meccanici brevettati: trenini elettrificati, altri cavalli, bamboline, velieri, il primordiale missile Tor.
I famosi chiodini. I chiodini Coloredo danno impulso decisivo alla crescita della ditta: inventati in Francia nel 1946, sono composti da una tavoletta in cartone grigio con 460 fori e una serie infinita di fiammiferi con il fusto in legno e la testa in ceralacca in quattro colori. Nel 1953 Alessandro Quercetti inizia ad occuparsi della loro distribuzione a livello internazionale, e soprattutto ne garantisce lo sviluppo, assumendone la paternità. Mentre si accolla le spese per far brevettare in Italia i chiodini, si fa disegnare il marchio della fabbrica Quercetti che sostituirà definitivamente Hopla: ne è autore il torinese Aldo Novarese, uno dei più grandi type designer italiani, inventore di numerosi caratteri che hanno fatto la storia della tipografia italiana.
Ecco il testo che compariva sulle scatole del prodotto di punta della nuova azienda: «Il Coloredo è un gioco istruttivo, originale, artistico e divertente. Esso incontra il massimo favore per la sua bellezza, la magnifica colorazione e la varietà dei disegni che si possono ottenere in rilievo».
A metà degli anni Cinquanta il chiodino (così come la tavoletta) diventa di plastica e assume la forma del funghetto, ampliando la gamma di colori, sezione del fusto e dimensioni. Il successo si fa travolgente sui mercati di tutto il mondo, la forma dei chiodini è continuamente affinata sino a stabilizzarsi in quell’inconfondibile profilo della testa a parabola, ergonomicamente studiata per faciliare la presa da parte dei bambini.
Nel 1984 i chiodini cambiano nome, e diventano Fantacolor. Ora si chiamano Pixel, e valgono circa il 30 per cento del fatturato dell’azienda che dal 1969 si è trasferita da via Beaulard in corso Vigevano.
Generazioni di bambini. Quercetti vuol dire tanto altro, visto che con i suoi giochi, in 70 anni, sono cresciute tantissime generazioni di bambini. Indimenticabile è, ad esempio, il missile Tor, creato nel 1959, che sfrutta il meccanismo di lancio con la fionda ad elastico sino ad una altezza di 100 metri: Alessandro applica per la prima volta ad un giocattolo i principi dell’aerodinamica inventando un meccanismo di apertura ritardata, con il paracadute ripiegato nell’incavo, che ne consentiva il rilascio per il rientro a terra senza danni. Nel 1961 ecco la sua evoluzione, Mach-X, razzo dalle prestazioni sbalorditive e mai più avvicinate da un giocattolo volante. Oggi il Tor – che in origine costava 500 lire - è ancora in produzione dopo mezzo secolo ed è in assoluto il pezzo della Quercetti più venduto, con 14 milioni di scatole distribuite in tutto il mondo.
I famosi aeroplanini. Nel 1963 esce la lavagna magnetica, presente in quasi tutte le case dei bimbi degli anni Sessanta e Settanta, prima distribuita su licenza americana e poi prodotta in proprio. L’anno seguente esce il trenino tutto in plastica che si muove a «energia bambino», con le rotaie da montare in tanti percorsi ogni volta diversi.
Alessandro sonda di continuo il mercato mondiale, e non si lascia scappare ciò che viene prodotto all’estero. Come nel caso dello Spirograph (1967), una via di mezzo tra scienza e gioco, che permette di tracciare curve di grande effetto visivo.
A fine anni Sessanta viene lanciata – il verbo giusto – la linea di aeroplanini, che ha segnato una vera e propria innovazione nel mondo degli aerei giocattolo grazie alle fusoliere in plastica e alle ali in polistirolo che garantivano prestazioni di volo paragonabili agli aeromodelli professionali: il Sirius si lanciava a mano, il Libella invece aveva il motore ad elastico e il carrello per decolli anche da terra.
Torino capitale. L’inizio del decennio Settanta rappresenta il periodo di massimo splendore per l’azienda che, in soli 10 anni, passa da poche unità a quasi 500 dipendenti. Alessandro Quercetti è ormai diventato un personaggio fra i più famosi ed apprezzati dal mondo dei giochi, il riferimento a cui tutti guardano. E grazie a lui Torino diventa la capitale italiana del giocattolo, primato che mantiene tuttora in virtù dei circa 20 prodotti che l’azienda, condotta dai figli Alberto e Stefano dopo la morte nel 2010 del fondatore, continua a sfornare ogni anno. Come la pista sospesa SkyRail del 2003 su cui far rotolare le biglie: un gioco assolutamente innovativo che ha vinto quattro premi internazionali. Protetto da brevetti internazionali ed esportato in tutto il mondo, stabilisce un nuovo standard ludico-educativo di giochi di costruzione, permettendo anche di effettuare esperimenti legati al mondo della fisica.
La Quercetti di oggi – 70 dipendenti per un fatturato di circa 9 milioni di euro, al 60% sviluppato all’estero – è una delle pochissime realtà del settore a poter vantare un controllo diretto dell’intera filiera: tutto il lavoro, a partire dalla progettazione del giocattolo fino al confezionamento del prodotto finito, è interamente realizzato nell’unica sede di corso Vigevano. Il ciclo di produzione, concept, prototipazione, sviluppo, costruzione stampi, stampaggio, confezionamento e spedizione è svolto a Torino con manodopera residente. Oltre alla plastica e al legno, da qualche tempo si utilizzano anche materiali bio, frutto di scarti lignei che consentono di fronteggiare con successo la concorrenza dei prodotti cinesi.