Come gestire i capricci: impariamo a non darle "tutte vinte”
Dott.ssa Francesca Maria Sansone, Psicologa esperta in neuropsicologia dell'eta' evolutiva e in analisi del comportamento applicata
I cosiddetti “capricci”, nonostante costituiscano uno dei comportamenti più comuni e frequenti dei bambini, possono diventare di difficile gestione da parte dei genitori e configurarsi come un’escalation di comportamenti sempre più problematici.
Sono diversi i fattori che intercorrono nel determinare il tipo, l’intensità e la frequenza dei capricci dei più piccoli. Alcuni di tali fattori possono essere legati a circostanze e individualità specifiche (ad es. temperamento, malesseri fisici momentanei ecc..), ma è il fattore educativo-ambientale ad agire maggiormente nel determinare l’intensità e la frequenza delle reazioni comportamentali dei nostri bambini. Vediamo come.
Innanzitutto, occorre partire da una considerazione: il “capriccio” è sempre la comunicazione di un bisogno, la cui tipologia può variare in base all’età del bambino e alle circostanze specifiche. I più comuni possono essere così riassunti:
-Bisogni fisiologici
-Bisogno di attenzione
-Bisogno di giocare / d’interazione
-Bisogno di scaricare energia fisica e mentale in eccesso
-Bisogno di vedere esaudita una richiesta
Ciò che comunemente viene definito capriccio altro non è che o una modalità errata di comunicare un bisogno (es. attraverso urla, pianti o lamentele), o la reazione, ugualmente inadeguata, che talvolta i bambini manifestano quando viene loro negata la possibilità di soddisfare un dato bisogno.
Chiarita la natura del “capriccio”, ecco alcuni consigli utili per reagire in maniera adeguata quando si verifica.
Innanzitutto, di fronte a un capriccio occorre porsi le seguenti domande:
Sono in grado di capire quale bisogno il bambino sta provando a comunicarmi?
E’ un bisogno che posso/voglio soddisfare?
Posso insegnare al mio bambino delle modalità più adeguate di comunicare tale bisogno?
Premesso questo, ecco come agire per insegnare ad un bambino a comunicare in maniera adeguata.
Non assecondare le richieste se sono state manifestate con pianti, urla e/o comportamenti aggressivi etc..
Chiedere al bambino di riprodurre/ripetere la richiesta con calma dopo avere imparato il modo corretto di esporsi da noi.
Premiare il bambino esaudendo la sua richiesta.
Evitare di sgridare e punire il bambino; così facendo rischieremmo di soddisfare un bisogno di attenzione e, comunque, non insegneremmo un comportamento corretto da adottare.
Cosa fare se un bambino non accetta il “no” e i giusti limiti che imponiamo alle sue richieste?
Anche in questo caso, occorre coerenza e comprensione empatica: restare fermi sul “NO” o sulla regola data. In questo senso, meglio dire pochi “NO”, rispetto ai quali sappiamo di poter rimanere inflessibili, che dirne molti finendo poi per assecondare il bambino per la maggior parte di questi.
Seguendo poche e adeguate strategie possiamo far sì che i capricci diventino un’occasione di crescita e di arricchimento della relazione con i nostri piccoli.